Una vita con l’insulina
Il diabete di tipo 1 non è affatto ‘giovanile’: può esordire a ogni età. Con un diabete insulinodipendente, gestire le complessità di una vita adulta, così come gravidanza, menopausa e vita da anziani non è facilissimo.
Il diabete di tipo 1 (o DM1) è una forma diversa dal più comune diabete di tipo 2 (detto ‘dell’anziano’ o ‘alimentare’). Nel diabete di tipo 1, detto impropriamente ‘giovanile’ (nella maggioranza dei casi esordisce in età pediatrica) nell’arco di poche settimane – o di molti anni – gli anticorpi attaccano le cellule che producono insulina come se si trattasse di un ‘corpo estraneo’. Si tratta quindi di una malattia autoimmune, probabilmente in parte genetica.
I rischi dell’eccesso di glucosio
L’insulina svolge molte funzioni nell’organismo. Soprattutto permette alle cellule di utilizzare il glucosio che l’intestino ha tratto dai cibi ingeriti. Se manca l’insulina, il glucosio nei vasi sanguigni aumenta, erodendo e danneggiando le pareti di arterie e capillari e creando uno stato di sub-infezione cronica.
I capillari si possono addirittura rompere mentre sulle pareti delle arterie si formano più facilmente placche di grassi e piastrine. I reni, dato l’eccesso di glucosio, cercano di espellerlo insieme all’acqua. Il paradosso è che nonostante questa ricchezza di energia, le cellule ‘muoiono di fame’, e per nutrirsi metabolizzano le fibre muscolari aumentando però il pH del sangue.
Lotta all’iperglicemia
Questa breve descrizione spiega sia i sintomi classici del DM1 all’esordio (frequenti minzioni, sete incontenibile, spossatezza e rapido dimagrimento) sia quello che sarà per tutta la vita il problema principale della persona con diabete: evitare che si ripetano troppo spesso situazioni di eccesso di glucosio nel sangue (iperglicemia), ma nello stesso tempo evitare crisi di ipoglicemia.
La situazione di scompenso più o meno grave che si rileva all’esordio (e a volte richiede una ospedalizzazione non breve) viene facilmente risolta. Ma da quel momento si dovrà cercare di mantenere la quota di glucosio nel sangue (glicemia) entro certi livelli, riducendo al minimo le ore passate in iperglicemia. Altrimenti aumenta il rischio di sviluppare sia malattie frequenti nella popolazione generale (arteriosclerosi, infarti e ictus) sia alcune complicanze specifiche: nefropatia (danno ai reni); retinopatia e neuropatia (soprattutto a carico degli arti inferiori e superiori). Se la diagnosi arriva a 20, 30 o 40 anni, bisognerà impegnarsi per decenni contro l’iperglicemia.
Controlli e terapia
Per fortuna misurare la glicemia è relativamente facile: lo si può fare a casa, al lavoro, perfino camminando. Esistono da alcuni anni sensori che applicati sulla cute misurano in modo continuo e accurato la glicemia. Meno facile è seguire la terapia. L’insulina, infatti, non può essere assunta per bocca: deve entrare direttamente nel circolo sanguigno. Il modo più pratico è il microinfusore che fa passare l’insulina sottocute attraverso un piccolo catetere e la infonde sia in modo continuo (insulinizzazione basale) nelle 24 ore, sia con dei ‘boli’ cioè delle quantità discrete, ad esempio prima dei pasti. Chi non ama l’idea di portare con sé, 24 ore su 24, il microinfusore e la cannula dovrà praticare 3 o 4 iniezioni al giorno: una di ‘basale’ e le altre prima di pasti o spuntini.
Attenzione alle ipoglicemie
Se l’iperglicemia ha effetti gravi ma non percepibili, il suo opposto cioè un livello troppo basso di glucosio nel sangue (ipoglicemia) ha effetti immediati e percepibili. Se la glicemia scende sotto certi livelli, il cervello dapprima reagisce con tremori, paura, difficoltà di concentrazione e poi con stato di stupore, convulsioni e coma. Fermare una crisi ipoglicemica all’inizio è facile: basta assumere dello zucchero (sotto forma di zollette o bibita zuccherata). Se non è più possibile deglutire occorre un’iniezione di glucagone o una corsa al Pronto Soccorso.
La persona con diabete di tipo 1 si muove quindi fra Scilla e Cariddi: deve avere in corpo abbastanza insulina da evitare l’iperglicemia ma non tanta da andare in ipoglicemia. E non è nemmeno così semplice, perché la quantità di insulina necessaria è tanto più alta quanto più lo sono i carboidrati che intendiamo assumere, tanto più bassa quanto maggiore è l’attività fisica che svolgiamo o intendiamo svolgere.
Premesso che chi ha il diabete dovrà sempre pensare a quello che sta facendo e che farà nelle prossime ore in termini di alimentazione e attività fisica, una buona formazione iniziale, tanta esperienza e il crescente supporto della tecnologia, ridurranno al minimo il fastidio della gestione, permettendo una vita sovrapponibile per qualità e durata a quella delle altre persone.
L’assistenza alla persona che esordisce con DM1 dopo i 18 anni
La diagnosi del DM1 avviene nella larga maggioranza dei casi in età pediatrica. Il Sistema sanitario nazionale ha creato delle équipe multidisciplinari pediatriche che sono l’invidia del mondo per la loro capacità non solo di curare ma di formare, educare e seguire – anche sotto il profilo dietologico e psicologico – pazienti e genitori.
Anche nei Centri diabetologici dell’adulto, educatori e dietisti devono essere presenti. Chi scopre di avere una patologia complessa come il DM1 in un contesto non pediatrico trova sicuramente una consulenza medica competente ma deve poter accedere a quella formazione, quella valutazione multidimensionale e a quel supporto anche psicologico che sono necessari.
Una valutazione e una formazione a 360°
“Nella mia attività professionale cerco di ricreare e di offrire alla persona che esordisce con il diabete di tipo 1 un supporto il più possibile a 360°, analogo a quello che può offrire un team diabetologico pediatrico come quello che ho diretto per decenni all’Ospedale San Raffaele”, spiega il professor Giuseppe Chiumello, “sia sotto il profilo dell’approfondimento diagnostico sia sotto il profilo formativo e di educazione alimentare”.
Dopo la diagnosi di DM1 è, infatti, necessaria un’attenta valutazione sia perché è alta la possibilità che la persona sia predisposta o manifesti già altre patologie autoimmuni (valutazione che andrebbe estesa ai figli se ci sono) sia perché il DM1 è sicuramente destinato a incidere su un quadro cardiovascolare che potrebbe essere già meno che ottimale (sovrappeso, ipertensione, fumo).
Nel suo studio il professor Chiumello prevede una consulenza dietologica personalizzata.